circoli PRC dei comuni di:
Albano, Ariccia, Genzano, Nemi, Lanuvio, Velletri, Nettuno, Anzio, Ardea, Pomezia, Castelgandolfo, Marino, Grottaferrata, Frascati, Monteporzio, Montecompatri, Rocca di Papa, Rocca Priora, S. Cesareo, Zagarolo, Genazzano, Palestrina, Labico, Artena, Colleferro, Segni, Montelanico.

10/31/2012

La lezione da trarre dal risultato siciliano

121029elezioni siciliadi Gianluigi Pegolo
I risultati delle elezioni siciliane sono ormai chiari e non mancano i commenti. Anziché soffermarsi su ulteriori elaborazioni dei dati a disposizione, e in attesa di eventuali analisi dei flussi che potrebbero mettere in evidenza dinamiche al momento non evidenti, conviene ora approfondire le implicazioni del voto sul piano generale e per ciò che attiene, nello specifico, alle forze di sinistra.
Partiamo dal risultato generale. Esso mette in luce, da un lato, una crisi senza precedenti nel rapporto fra cittadini e politica (testimoniato dalla grande crescita della già elevata astensione) con una forte spinta verso posizioni di contestazione radicale dei partiti (ben espressa dal grande consenso ottenuto dal Movimento 5 stelle).
Questo terremoto politico fa saltare la governabilità e il bipolarismo. La vittoria di Crocetta non garantisce un quadro politico stabile e la formazione della maggioranza implicherà, con tutta probabilità, un accordo con altre forze moderate, probabilmente con gli eredi di Lombardo. La vittoria della coalizione PD-UDC, inoltre,  è il prodotto più della rottura del centro destra che di una crescita dei consensi elettorali. Quello che si è verificato è stato, infatti, la tenuta in peso percentuale di PD e UDC, in ragione di un calo di voti  inferiore  a quello del  PDL, che invece subisce un vero e proprio crollo. A sinistra il risultato decisamente negativo è sia conseguenza dello tsunami dell’antipolitica (si guardino i risultati di Palermo e li si confronti con quelli delle recenti comunali), sia di evidenti errori (dalla presentazione di due liste, anziché di una sola, al cambiamento in corsa del candidato presidente). Non è credibile, invece, imputare a queste forze l’errore del mancato apparentamento con il PD, a meno di non ritenere praticabile un accordo con forze - come l’UDC o, domani, gli uomini di Lombardo - che sono stati diretti responsabili del malgoverno della regione.
Questi risultati sono destinati a impattare sul quadro politico nazionale. La prima conseguenza è il rafforzamento della linea bersaniana dell’alleanza del centro-sinistra con il centro moderato e, simmetricamente, l’accrescersi delle difficoltà di quanti a sinistra puntano sul rapporto con il PD in vista delle prossime elezioni politiche (in primis SEL). Il pressing sul gruppo dirigente del PD a liberarsi definitivamente dal condizionamento della sinistra è  in queste ore evidente e proviene sia dal centro che da settori interni al PD. Sull’altro fronte, e cioè il centro-destra, il quadro si fa molto complicato. L’ipotesi di costituzione di un largo schieramento dal centro alla destra, cui puntava Alfano, imperniato sulla continuità dell’esperienza Monti e sulla rimozione dell’ingombrante presenza di Berlusconi, incontra oggi crescenti difficoltà derivanti sia dal pesante insuccesso del Pdl, che dal successo simmetrico dell’alleanza PD-UDC, che infine dalle incursioni dello stesso Berlusconi, sempre attratto dalla prospettiva di ricostruire il centro-destra su un profilo fortemente populista, intercettando parte della protesta antipartito sempre più dilagante.
Di fronte a questo scenario che delinea una prospettiva possibile (anche se non del tutto certa), le forze di sinistra e quelle che con più determinazione hanno assunto una posizione di opposizione rispetto al governo Monti sono poste di fronte a interrogativi cruciali circa i contenuti della loro azione politica e le scelte di schieramento, interrogativi che riguardano i prossimi passaggi politici (le elezioni politiche), ma che si proiettano anche su un più lungo futuro e che rimandano alla  costruzione di un profilo credibile. A tale riguardo, alcune considerazioni possono essere fatte. E’ per esempio evidente che l’asse PD-UDC si fonda sull’assunzione dell’”austerità” come principio ispiratore delle scelte di politica economia (in ciò in continuità con Monti), semmai parzialmente moderata da una maggiore attenzione ai processi redistributivi. Questa linea può incontrare i favori di settori del padronato preoccupati da un eccessivo calo dei consumi interni, ma presuppone comunque il rispetto degli orientamenti dettati dalla UE e, quindi, dà per scontata una forte riduzione della spesa pubblica e l’alienazione di quote consistenti del patrimonio pubblico. La segreta speranza sta nella ripresa della crescita, ma si tratta di una speranza oggi priva di basi concrete e minata in partenza dall’approccio rigorista. La sinistra non può appoggiare questa impostazione. Essa, semmai, deve porsi il problema di farsi portavoce di un punto di vista alternativo ed erodere il parziale consenso che il “rigorismo moderato” ancora incontra. Ciò implica sia un progetto di governo del paese conseguente, che un ruolo “attivo” nella costruzione dell’opposizione sociale, cosa diversa dal semplice appoggio alle iniziative di lotta in corso. Questo ruolo deve accompagnarsi a una proposta politica che poggi sulla costruzione di una aggregazione di forze forte programmaticamente e molto inclusiva sul piano delle relazioni sociali e politiche. Una aggregazione che si esprima elettoralmente con una lista (evitando gli errori di divisione commessi in Sicilia) che faccia dell’uscita dal "montismo" la propria carta d’identita’. Proposte avanzate in questi giorni, come quella di De Magistris, vanno in questa direzione e per questo vanno attentamente considerate.  Quanto al perimetro di una simile aggregazione, occorre mettere insieme uno schieramento che vada da Alba all’Idv, dalla FdS alle realtà sindacali e di movimento che condividono questa impostazione. Questa proposta è ad oggi l’unica possibile per dare una risposta positiva al crescente disagio sociale, evitare lo smottamento inarrestabile verso il centro, contrastare le sirene dell’antipolitica  e offrire ai lavoratori e alle masse popolari una prospettiva di uscita da sinistra dalla crisi.

10/28/2012

IL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA FA SCUOLA, PERCHE’ UN’ALTRA POLITICA E’ POSSIBILE

Chissà che la gente non abbia davvero ragione quando dice che i comunisti sono ormai in antitesi con i tempi attuali, che sono degli estremisti minoritari di una politica che ormai guarda oltre i meri ideali, che le alleanze elettorali vanno fatte in base ai numeri e non ai programmi. Già, perché in un panorama politico di corrotti e corruttori ostici a mollare la poltrona, di corsa alle primarie tra gite in camper e occupazioni continue di salotti televisivi, di predicatori da strapazzo in stile nazional-popolare e in un clima di “tantosietetuttiuguali”, c’è un Partito che prova a fare politica e la fa tornando a scuola.
La federazione Castelli-Litoranea-Colleferro del Partito della Rifondazione Comunista ha organizzato un seminario di formazione sulla crisi economica e sulla crisi politica, che si terrà presso il Castello Colonna di Genazzano nei giorni 2, 3 e 4 novembre. La cosa più strabiliante è stato vedere l’entusiasmo e la disponibilità con cui i partecipanti hanno accettato la proposta di sacrificare un week end di ponte per accrescere la loro cultura socio-politiche e le loro competenze nel comprendere la modernità. Stesso discorso vale per gli illustri relatori che metteranno a disposizione GRATUITAMENTE il loro know-how e il loro prezioso tempo; saranno presenti il sociologo ed economista Dott. Domenico Moro, il prof. Raul Mordenti, docente universitario e il direttore di “Liberazione” Dott. Dino Greco.
Il seminario analizzerà le cause e le origini della crisi economica, proverà a cercare soluzioni alternative alle politiche proposte della liberaldemocrazia e del liberalsocialismo che si sono rivelate inutili e fallimentari, ribadirà le ragioni della morte del capitalismo e della logica del profitto applicata sulla natura e sugli esseri umani utilizzati come “combustibili”. Si parlerà dei “proprietari universali” e delle oligarchie monetarie, delle loro lobbies della politica imposta dagli imperi finanziari e bancari.
Verranno inoltre trattati temi che spazieranno dalla nuova classe politica, al populismo, al divario sempre più evidente tra eletto ed elettore e della necessità della costruzione di una nuova coscienza di classe tra i lavoratori.
A fine corso non verrà rilasciato nessun attestato, nessun titolo preferenziale per accedere a concorsi in enti pubblici o privati; solo conoscenza, condivisione e competenza. In fondo qualcuno prima di noi, che ha solcato il tragitto della nostra orgogliosa storia diceva: Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra forza” (A. Gramsci)
Simona Biffignandi
Resp. Comunicazione PRC Fed. Castelli

Il PRC manifesta contro il Governo a Roma? No solo shopping.!

Dal TG Rai 1 delle 20,00 del 27\10\2012.
Non essendoci stata la devastazione della città da parte dei Black Block nel corso della manifestazione No Monti Day in cui si esprimeva la protesto contro le politiche del governo Monti, a Roma non è successo nulla.
Quello che vedete nella foto sotto è la normale folla del sabato sera che passeggia durante lo shopping.
( ministero della disinformazione)

10/25/2012


27 OTTOBRE  
NO MONTI DAY
 L'appuntamento della Federazione Castelli-Litoranea- Colleferro è alle 14:00 davanti il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo  (P.zza dei Cinquecento). 

Attenderemo le compagne e i compagni e partiremo insieme dietro lo striscione della nostra federazione. 

Contatti: Marco Bizzoni 392.4989246
               Simona Biffignandi 347.6219874

PRC "Castelli", avvio della campagna referendaria sul lavoro.

Con il Comitato Politico Federale, che si terrà Venerdì 26 ottobre alle ore 19:00 presso la sede PRC di Lanuvio, Il Partito della Rifondazione Comunista della provincia di Roma federazione “Castelli, Colleferro, Litoranea”, avvierà ufficialmente la campagna referendaria sulle politiche del lavoro espresse dai governi Berlusconi e Monti.

Dopo le recenti manomissioni in tema del lavoro operate nel finale del governo Berlusconi e portate avanti dal governo Monti con la complicità del PD, PdL e UdC, al PRC, che si opponeva a questi provvedimenti, non è restato che cercare di riconsegnare ai lavoratori, ai disoccupati, ai pensionati la propria sovranità di decisione su quei temi in quanto cittadini.
In questo ultimo anno con la scusa della crisi i padroni hanno ben pensato di dare un duro colpo ai diritti dei lavoratori, così il Parlamento ha approvato provvedimenti che con la crisi, il suo peggioramento o la sua soluzione, non c'entrano nulla. Infatti con l’art. 8 dell'ultima manovra del governo Berlusconi si è stabilita la possibilità di derogare dall'applicazione del contratto nazionale di lavoro. Monti invece ha operato per cancellare sostanzialmente le tutele previste dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori in caso di licenziamento ILLEGGITTIMO ed ha peggiorato le condizioni di accesso alla pensione, costringendo migliaia di lavoratori a restare attivi sebbene avessero maturato i requisiti per il pensionamento e in questo modo creando anche quel “capolavoro” che è stato il fenomeno dei lavoratori esodati. Lavoratori cioè fuori dal lavoro ma senza più i requisiti per ottenere la pensione.
Di tutto questo ne discuteremo venerdì a seguito della relazione del segretario della federazione Danilo Marra che aprirà i lavori del CPF, mentre le conclusioni del dibattito saranno svolte dal compagno Marco Gelmini, Segreteria Nazionale del PRC.
Il CPF sarà anche l'occasione per discutere della più ampia opposizione del PRC alle politiche portate avanti dal governo Monti e della partecipazione alla manifestazione “NO Monti Day” che si terrà a Roma sabato 27 con appuntamento alle 14,30 in piazza della Repubblica.
Marco Bizzoni
Segreteria PRC “Castelli, Colleferro, Litoranea”

10/24/2012

Lazio, votare presto per realizzare politiche di sostegno al lavoro e diritto al reddito.

A quasi un mese dalla chiusura della consiliatura regionale, a causa delle dimissioni forzate della Presidente, non è ancora stato fatto nulla e si è ancora nell'incertezza sulla data delle elezioni. Questa situazione non fa certo bene alla democrazia, nè ai lavoratori che stanno aspettando dalla Regione risposte ed impegni che solo un governo in carica può dare, ma da cui dipendono redditi, dignità, futuro di molte famiglie e di molti cittadini del Lazio.
La richiesta delle elezioni nel più breve tempo possibile che, come Partito della Rifondazione Comunista insieme a tutta la vecchia opposizione, avanziamo, non è quindi la voglia di “vincere facile” come recentemente ha affermato un'esponente della vecchia e squalificata maggioranza. Ma è la piena consapevolezza dei guasti che l'assenza di governo produce nella vita quotidiana dei cittadini del Lazio. Noi non crediamo che le elezioni siano un gioco in cui si vince o si perde, come sembra abbiano insegnato gli ultimi venti anni di maggioritario e di Berlusconismo. Noi crediamo che le elezioni siano un momento in cui i cittadini possano esprimere totalmente il loro protagonismo politico scegliendo idee, persone e programmi. In questo contesto quella che dovrebbe vincere è la collettività, perchè comunque maggioranza ed opposizione risultanti dalle elezioni dovrebbero collaborare o scontrarsi per realizzare il meglio per i cittadini rappresentati.
Tuttavia a volte anche nelle istituzioni, piuttosto che consentire ad altri di andare avanti dopo che si è fallito, si prefererisce come fanno i bambini, portarsi a casa il pallone ed impedire a tutti di riprendere l'attività. Questo è ciò che sta facendo la Presidente della regione Lazio in questo momento. Ma quest'atteggiamento irresponsabile, attento solo alle esigenze personali di visibilità e di carriera politica nazionale della Presidente, ha un costo sociale elevatissimo che verrà pagato purtroppo dai lavoratori ed dalle lavoratrici.
Pensiamo infatti quali saranno gli esiti in questo periodo di crisi, aggravata dalla politica di austerità e tagli del governo Monti, dell'assenza di una politica del lavoro regionale su cui basare una crescita delle opportunità lavorative e di reddito. Senza un governo in carica non è possibile progettare e portare avanti politiche del lavoro in grado di dare respiro a chi ogni giorno si sente sul limite del baratro economico. Senza un governo in carica non è possibile operare per cercare di costruire opportunità, per recuperare quella forza lavoro che è talmente sfiduciata da non cercare nemmeno più lavoro. Senza governo non si possono elaborare strategie in grado di ridare speranza ad una generazione di giovani, che pensano che la parola lavoro sia un'espressione mitologica. Una generazione i cui esponenti più “fortunati” hanno si un lavoro ma sempre declinato con espressioni che ne limitano e peggiorano il significato (lavoro in affitto, lavoro precario, lavoro a chiamata, stage, lavoro nero). Il PRC chiede di andare alle elezioni perchè vuole proporre una politica che si contrapponga a quella portata avanti sino a questo momento, la quale purchè si generasse lavoro accettava la privatizzazione dei profitti e la socializzazione dei costi. I risultati di quella politica sono visibili attraverso l'avvelenamento di Colleferro e della Valle del Sacco, la devastazione edilizia dei Castelli Romani e del litorale, la progressiva deindustrializzazione di intere aree produttive del territorio laziale, lasciate trasformare in zone improduttive ma adatte alla speculazione edilizia.
Come Rifondazione proponiamo che la Regione Lazio costruisca un proprio piano per il lavoro che, utilizzando anche i fondi europei, incentivi una politica del lavoro che abbia al suo centro le esigenze del cittadino lavoratore. Una politica del lavoro che, come nelle più moderne società europee, garantisca reddito alle lavoratrici ed ai lavoratori sottraendoli al ricatto ed allo sfruttamento. Una politica del lavoro che, al contrario di quanto avviene oggi, con la ricerca verso il più basso costo del lavoro, supporti e sostenga quelle aziende che si pongono di fronte alla sfida del mercato globale nell'ottica di una competizione incentrata sull'innovazione produttiva e nella ricerca della qualità. Una politica che tra le sue priorità abbia la tutela delle tipicità produttive e del territorio. La necessità della costruzione di una politica del lavoro è solo uno dei motivi per cui Rifondazione Comunista ritene che si debba poter andare al voto nel più breve tempo possibile. I lavoratori e le lavoratrici devono, al più presto, poter scegliere i propri rappresentanti, ed un governo in grado portare avanti un progetto che assicurari il benessere delle comunità del Lazio.
Marco Bizzoni
Segreteria PRC “Castelli, Colleferro, Litoranea”

10/22/2012

Lanuvio, CPF referendum

 A TUTTI I COMPONENTI IL CPF
A TUTTI I COMPONENTI LA CFG
A TUTTI GLI AMMINISTRATORI
A TUTTI I SEGRETARI/E DI CIRCOLO


E' CONVOCATO IL CPF PER IL GIORNO 26 OTTOBRE 2012 ALLE ORE 19,00 PRESSO IL CIRCOLO DI LANUVIO SU SEGUENTE O.D.G.

1) IL PRC E I REFERENDUM:
2) VARIE ED EVENTUALI.


ALLA RIUNIONE PARTECIPERA' MARCO GELMINI RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DELLA SEGRETERIA NAZIONALE.

IL SEGRETARIO
DANILO MARRA

Albano, il PRC alla manifestazione no inc del 20-10-12



10/18/2012

La lotta Paga!

Il Partito della Rifondazione Comunista di Lanuvio e Campoleone accoglie con piacere il comunicato stampa redatto dalle organizzazioni sindacali e l’azienda dolciaria Montebovi il 18 ottobre, che prevede il ritiro delle ferie forzate per i 22 lavoratori che avevano ricevuto le lettere e un tavolo di trattativa a partire dal 19 ottobre per trattare con l’azienda come regolare i cicli di cassa integrazione ordinaria per tutti e 90 i dipendenti dello stabilimento di Lanuvio.
La lotta dei lavoratori è iniziata il 15 ottobre, giorno in cui è stato indetto sciopero generale delle maestranze e presidio davanti alla fabbrica in Via Nettunense per manifestare il loro dissenso rispetto alle scelte della società.
Dall’ inizio del mese i lavoratori si sono trovati improvvisamente in una situazione difficilissima, con parte dello stabilimento affittato a una nuova società e 22 dipendenti messi in ferie forzate in attesa di ulteriori evoluzioni.
Dopo l’opposizione da parte dei lavoratori e la richiesta di un tavolo di trattativa la situazione non sembrava risolversi in maniera equa, visto che la Montebovi non intendeva ripensare l’affitto del ramo d’azienda e pensava a una cassa integrazione solo per i lavoratori che erano stati messi in ferie forzate.
Noi pensiamo che questo sia solo l’ennesimo caso di padroni che agiscono solo in base alla LOGICA DEL PROFITTO, passando sopra a vite, famiglie e comunità, per questo ci siamo schierati da subito al fianco dei lavoratori non solo a parole ma anche con i fatti mettendo a disposizione, se lo lotta fosse proseguita, le nostre forze, le nostre strutture e i nostri mezzi di comunicazione.
Ribadiamo la nostra soddisfazione in merito all’accordo e notiamo con piacere che l’unità e la solidarietà tra lavoratori rimane sempre lo strumento più efficace per combattere i padroni e lo loro logiche capitalistiche, ma, qualora la trattativa risaltasse di nuovo siamo pronti a schierarci al fianco dei dipendenti e a proseguire con loro la mobilitazione.

Segretario della Rifondazione Comunista
di Lanuvio e Campoleone
Fabio Pesoli

Il PRC sostiene la lotta dei lavoratori della Montebovi

Il Partito della Rifondazione Comunista di Lanuvio e Campoleone appoggia la lotta dei 90 lavoratori della Montebovi che dal 15 ottobre manifestano il loro dissenso rispetto alle scelte della società, presidiando l’ingresso della fabbrica.
Dall’ inizio del mese i lavoratori si sono trovati improvvisamente in una situazione difficilissima, con parte dello stabilimento affittato a una nuova società e 22 dipendenti messi in ferie forzate in attesa di ulteriori evoluzioni.
Dopo l’opposizione da parte dei lavoratori e la richiesta di un tavolo di trattativa la situazione non si è risolta, visto che la Montebovi non intende ripensare l’affitto del ramo d’azienda e pensa a una cassa integrazione solo per i lavoratori che sono stati messi in ferie forzate.
Lo sciopero continuerà sino a venerdì e fino a quel momento sono previsti dei tavoli di trattativa con azienda e sindacati.
Noi pensiamo che questo sia solo l’ennesimo caso di padroni che agiscono solo in base alla LOGICA DEL PROFITTO, passando sopra a vite, famiglie e comunità, per questo ci schieriamo al fianco dei lavoratori non solo a parole ma anche con i fatti mettendo a disposizione le nostre forze, le nostre strutture e i nostri mezzi di comunicazione.

Il Segretario
Fabio Pesoli


10/17/2012

Contro l'inceneritore di Albano

La Federazione Castelli del Partito della Rifondazione Comunista parteciperà, come sempre, alla manifestazione contro la realizzazione dell’inceneritore dei Castelli del 20 ottobre.
La nostra presenza, doverosa per senso civico e, peraltro, in linea con la linea politica del Partito sullo smaltimento dei rifiuti, vuole anche significare che nel Lazio e nel Paese in generale non c’è solo cattiva politica, ma anche forze come la nostra, che stanno al fianco dei cittadini, vessati da un governo che gli sta letteralmente succhiando il sangue e, come se non bastasse, li costringe a subire decisioni calate dall’alto, come quella dell’inceneritore, sempre e solo a favore dei poteri forti e amici.
Rifondazione Comunista auspica, invece, la gestione ecocompatibile dei rifiuti, che non declassi i territori a pure pattumiere.

17/10/2012
Il responsabile Movimenti
Partito della Rifondazione Comunista
Federazione Castelli 
Roberto Macrì

Per il diritto allo studio

Sono sempre più numerose le famiglie,nella nostra regione, che si rivolgo alla legge, per veder rispettato il diritto di frequenza scolastica dei loro figli con disabilità, tramite ricorso al T:A:R:
La situazione si è fatta emergenziale soprattutto in seguito ai tagli feroci e indiscriminati della regione Lazio in materia di sociale
In un quadro di politiche del rigore e della sobrietà, a farne le spese sono i cittadini più deboli, quelle categorie svantaggiate che necessitano sostegno, ma sono considerate solo costi per le amministrazioni,viste come pesi da governanti cIechi e incapaci.
Gli ultimi scandali alla regione Lazio hanno messo in risalto le contraddizioni di una amministrazione senza regole e senza freni e questa assurda catena di tagli, oggi appare di più come illogica, ingiusta e soprattutto immotivata. Il nostro partito da anni scende in piazza al fianco di associazioni, comitati,forum di operatori per denunciare l’abbandono istituzionale , ma a rimbalzare sulle testate giornalistiche ha avuto la meglio lo sperpero di denaro di pochi, che a danno della comunità hanno determinato l’emergenza che è sotto gli occhi di tutti.
I tagli del governo, a cascata hanno indotto la messa a rischio perfino il diritto di accesso alla scuola degli alunni H, le scuole non sono più in grado di accogliere con sufficienti figure questi ragazzi ,e la regione Lazio ha dato l’ultimo affondo, sottraendo fondi per la non autosufficienza, mettendo in crisi anche i centri di riabilitazione che si sono visti costretti ad interrompere le terapie riabilitative, erogate tramite convenzione.
Si ingigantisce a dismisura il numero di ricorsi al T:A:R: del Lazio con moltissimi precedenti di vittoria per i ricorrenti,, ai quali si accorda l’aumento delle ore di sostegno per gli alunni H, riconoscendo loro il diritto all’integrazione scolastica, cosi’ come sancito anche dalla legge 104/92, vittorie che la dicono lunga sulla legittimità delle famiglie e sulla inadeguatezza della gestione dei servizi ma soprattutto dimostrano che le misure economiche restrittive sono inique.
Crediamo che uno stato, che mette i suoi cittadini più deboli in condizioni di difendersi a colpi di legge, non puo’ essere considerato uno stato civile e funzionale. Inoltre l’incremento al fenomeno del ricorso legale, rischia di generare un ulteriore spaccatura sociale, ponendo i soggetti più agiati che hanno la possibilità di affrontare tale spesa, in cima alla scala del diritto ed emarginando quelli che sono impossibilitati , possiamo parlare quindi di selezione sociale del diritto.
Per questo chiediamo di andare subito al voto in una regione che ha mostrato solo una pessima gestione, noi ci proporremo per le prossime elezioni, forti di un curriculum di coerenza, onestà e capacità di proposta. Le esperienze, la conoscenza,le iniziative che faticosamente abbiamo messo in campo, sono il nostro più prezioso patrimonio.

Rifondazione comunista
Gruppo regionale
Resp. politiche sociali Barbara Tamanti

10/16/2012

MONTEBOVI: DALLA PARTE DEI LAVORATORI


La Federazione della Sinistra di Lanuvio e Campoleone esprime il suo appoggio alla lotta dei lavoratori della Montebovi Spa, che da ieri sono in sciopero davanti ai cancelli della fabbrica, visto che dopo i 15 licenziamenti di agosto scorso e dopo la rateazione della mensilità da settembre l’azienda ha intenzione di terziarizzare, costituendo una nuova società, parte della produzione e di cedere a questa più della metà dei lavoratori.
La Fds appoggerà e sosterrà i lavoratori sino alla fine!

FDS Lanuvio e Campoleone

10/15/2012

I lavoratori del Lazio subiscono danni su danni dalle scelte della Polverini.

A conclusione del disastro morale della “giunta Polverini”, si sta aggiungendo il disastro sanitario generato dal processo di risanamento stabilito dal “Commissario della sanità laziale Polverini”. Dopo tante promesse della ex presidente della Regione Lazio sulla riapertura, ad esempio, del pronto soccorso a Marino, quella che la realtà ci sta consegnando è una crisi gravissima della sanità nei Castelli Romani.
Una crisi che nasce nell'ambito di una pervicace volontà di assicurare una gestione della sanità pubblica avulsa dalle necessità di programmazione del territorio ma sottoposta alle esigenze politiche di chi governava. Questa volontà, frustrata a volte dalla razionalità delle scelte necessarie, ha comunque prodotto i suoi guasti esprimibili in ritardi e confusione, che comunque hanno un effetto economico negativo.
Colei che, travolta dallo scandalo della malagestione politica per culpa in vigilando si voleva rappresentare come eroina dei cittadini onesti e stufi dei politici corrotti, invece di prendere atto della fine ingloriosa dell'indirizzo politico che ha dato alla regione Lazio, persevera nel generare guasti rimanendo attaccata alla propria poltrona e giustificando quest'atto come quello più responsabile ed economico per l'ente regione che comunque dovrà subire per causa sua e della sua maggioranza di centrodestra il costo di un'elezione anticipata.
Ma è proprio così? Rimandando le elezioni si risparmierebbero effettivamente milioni di euro?
É vero le elezioni costano, ma facendo i conti con il risparmio che si avrebbe solo sugli indennizzi dei consiglieri regionali, che li percepiscono senza non dover più fare nulla dal momento delle dimissioni del Presidente della regione, si risparmierebbe il doppio della cifra necessaria a consentire lo svolgimento delle elezioni. Non solo, ma in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, lasciare la Regione in regime di amministrazione ordinaria significa tenere bloccati milioni di euro di risorse economiche che potrebbero essere spesi per alleviare le difficoltà economiche dei lavoratori, stretti nella morza della crisi.
A tutto ciò bisogna aggiungere l'irresponsabilità con cui si lasciano senza risposte le richieste di aiuto provenienti da realtà sanitarie in difficoltà, come quella del Pronto Soccorso dell'Ospedale di Albano Laziale. Una realtà che, dopo l'accorpamento dei pronto soccorsi di Genzano e Marino: ha dovuto operare nell'ambito di locali divenuti estremamente insufficienti alle necessità del servizio. vista l'accresciuta quantità degli interventi. Oggi i lavori di ampliamento e riqualificazione della struttura di tale importantissimo presidio sono interrotti; non è dato sapere neanche dove siano state allocate le risorse umane che operavano nei presidi di Genzano e di Marino e il motivo della crisi di personale medico ed infermieristico che si sta verificando. Chi, se non la Politica, può dare una risposta positiva alle necessità di questo servizio che, ricordiamo, è l'ultimo presidio di urgenza per una popolazione di oltre 200 mila cittadini? Chi, se non un rinnovato Presidente e Consiglio Regionale, può e deve intervenire ad affrontare questo problema che pesa sulla qualità della vita dei lavoratori dei comuni di Pomezia, Albano, Marino, Castelgandolfo, Ariccia e Genzano? Per questi motivi il Partito della Rifondazione Comunista della federazione “Castelli” ritiene inequivocabilmente urgente e necessario che siano indette la elezioni per il rinnovo degli organismi istituzionali della regione Lazio. I cittadini ed i lavoratori debbono poter scegliere i loro rappresentanti per affrontare e risolvere tutte le questioni che le dimissioni dell'ex Presidente Polverini hanno lasciato in sospeso. Questioni, come si è visto, che hanno effetti rilevanti e che influiscono pesantemente sulla qualità della vita, sui diritti di cittadinanza e quindi sul futuro dei lavoratori del Lazio.

Marco Bizzoni
Segreteria PRC “Castelli, Colleferro, Litoranea”

10/11/2012

Legge di stabilità: sulla scuola siamo all'accanimento

 
Di ora in ora si fanno più insistenti le voci di un aumento consistente dell'orario di cattedra degli insegnanti contenuto nella legge di stabilità.
Sarebbe un fatto gravissimo, segno di un vero e proprio accanimento di questo governo nei confronti della scuola pubblica, già dissanguata dalla "cura" Gelmini-Tremonti.
Non solo si aggraverebbero brutalmente le condizioni di lavoro degli insegnanti, con effetti drammatici sulla qualità della didattica, ma si taglierebbero in un sol colpo dalle 100.000 alle 170.000 cattedre. Roba da far impallidire i tagli della Gelmini!
Decine di migliaia di insegnanti diventerebbero in esubero, mentre per i precari ci sarebbe la definitiva espulsione dal sistema scolastico dopo anni ed anni di servizio prestato in condizioni professionali e salariali difficilissime.
Tutto questo nel quadro di una manovra che scarica sui lavoratori e sui soggetti più deboli i costi della crisi e conferma il carattere ferocemente antisociale e antipopolare delle misure di questo governo.
L'unica risposta possibile è la lotta, a partire dalle manifestazioni studentesche dei giorni scorsi, da quelle di studenti e insegnanti del 12 ottobre, dalla manifestazione del 27 ottobre per la cacciata del governo Monti.


Vito Meloni

Responsabile nazionale scuola PRC-SE



10/09/2012

Nel Lazio sono falliti gli strumenti del potere non la Politica proposta dai lavoratori.

Dopo che giustamente la giunta Polverini è stata costretta alle dimissioni per aver implicitamente consentito lo schifo ed il degrado di cui tutti siamo stati messi a conoscenza, il PdL si è scatenato nel cercare di confondere le acque, aiutato dalla “libera stampa” e parlando di fallimento della Politica.
La “libera stampa”, in particolare, si è scatenata nel cercare di far emergere responsabilità comuni di tutti i consiglieri regionali, senza neppure cercare di indagare su chi aveva votato a favore, contro o non aveva votato i provvedimenti di spesa autorizzati dalla giunta regionale e autorizzati dal consiglio regionale. Provvedimenti che, oltre a sottrarre risorse per le necessità dei cittadini della regione Lazio, hanno consentito le malversazioni di esponenti del PdL.
Senza voler accusare, difendere o esaltare qualcuno vorrei semplicemente far notare che la denuncia di un fallimento della Politica consente di trattare tutte le responsabilità allo stesso modo. Si scopre così che chi aveva la responsabilità (e le leve) del governo è responsabile allo stesso modo di chi era all'opposizione (quindi senza strumenti diretti di intervento). Io non credo che chi ha governato (male) e chi si è opposto (male) abbiano lo stesso grado di responsabilità. Io ritengo che ci sia un fallimento della classe politica regionale di destra, centrodestra, centro e centrosinistra. Questi politicanti sono la Politica? In un sistema come il nostro la Politica è la Democrazia. Per questo non ritengo che si possa parlare di un fallimento della Politica perchè ciò aprirebbe le porte allo spettro del fallimento della democrazia con la necessità di trovare un “uomo forte” che guidi l'Italia e l'ultima volta, a conclusione di un ventennio, non ci siamo ritrovati molto bene.
Tuttavia la democrazia non è fallita perchè molti cittadini, per quanto in loro potere, cercano di partecipare all'elaborazione di una progettualità futura per il nostro Paese, sebbene i partiti di cui si parla sui giornali si occupino di leggi elettorali per limitare la scelta dei rappresentanti, nomi di candidature, primarie o ristrutturazione di nuovi ulteriori partiti (in venti anni di seconda Repubblica si sono cambiati nomi ai partiti talmente in fretta che sembrava competessero con le passerelle stagionali di moda).
Quello che il malaffare del PdL della regione Lazio ha mostrato è il fallimento di un'idea della politica intesa come strumento di potere avulso dalla rappresentanza dei cittadini. Quella che è fallita è dunque una politica che ha centrato il suo baricentro nella ricerca di una assoluta “governabilità”, costruita artificiosamente per mezzo di leggi elettorali, senza alcuna necessità di interlocuzione con l'avversario e eliminando qualsiasi controllo sugli atti degli eletti di organismi terzi.
Tuttavia la crisi di quella politica ha visto nei giorni scorsi riemergere i suoi antagonisti, i cittadini.
Chi erano quei giovani studenti che hanno manifestato nelle piazze d'italia pochi giorni fa, se non cittadini attenti al futuro del loro Paese? Chi sono i lavoratori che cercano di salvare la produttività delle proprie aziende, se non cittadini che sanno che un paese senza capacità produttiva è destinato a subire l'offensiva di altri paesi, divenendone colonia economica? Chi sono quelli che cercano di tutelare una valle in Piemonte contro l'alta velocità; quelli che non vogliono che il problema dei rifiuti sia risolto, bruciandoli; quelli che protestano per la qualità dei trasporti dei pendolari; quelli che ritengono l'acqua un bene pubblico da sottrarre al mercato, se non cittadini che progettano un nuovo Paese al cui centro non vi sia il “mercato di tutto”, ma i “diritti di tutti”? Per questi motivi il Partito della Rifondazione Comunista è presente in ogni lotta ma è completamente oscurato su qualsiasi strumento di informazione. Il potere oggi in vigore ha la necessità che non siano visibili altre alternative al di là della falsa scelta tra il neoliberismo radicale di destra e il neoliberismo temperato di sinistra.
In Italia oggi il problema non è il fallimento della politica, ma il fallimento dei meccanismi elettorali che in questi venti anni sono stati inventati per rendere i cittadini ininfluenti sin dal momento successivo al voto ed impedire che i lavoratori si potessero riconoscere come classe sociale, composita ma unitaria. Una classe sociale portatrice di uguali interessi che oggi in Parlamento non ha più nessuno che la rappresenti. Per questo tutte le lotte dei lavoratori in piazza sembrano essere mute e non ottenere alcun risultato. Per questo ogni opposizione, protesta, antagonismo, critica ai voleri del Potere in carica, viene considerato non un problema da affrontare politicamente con lo scontro tra la forza delle idee, ma un problema di ordine pubblico da affrontare con lo scontro tra forze dell'ordine ed i cittadini lavoratori e/o studenti.
Se vi è un fallimento della politica oggi, esso è rappresentato dai nostri governanti che a tutti i livelli non riescono più ad avere una interlocuzione con i governati che non sia un'imposizione, una truffa o un raggiro. PD, PdL, UdC votano tutti i provvedimenti del Governo Monti che hanno e avranno dure ripercussioni sulla qualità della vita dei lavoratori e delle loro famiglie e nello stesso tempo fanno melina per dimostrare che non è loro la responsabilità, che loro non c'erano e se c'erano dormivano, ma che domani loro faranno...
Così alla Regione Lazio prima la presidente Polverini ha consentito che si sprofondasse nel degrado morale e poi sarebbe voluta passare ai posteri come moralizzatrice.
Nel Lazio, contro tutto questo, bisogna votare al più presto per cacciare tutti quei consiglieri regionali che si sono dimostrati indegni di essere stati scelti dal voto popolare e per consentire alla politica dei cittadini lavoratori di potersi esprimere e di ricostruire una nuova agenda di priorità della nuova giunta del Lazio. In modo da salvare la sanità pubblica e non solo di abbattere il debito che ci trasciniamo dalla giunta di Storace. In modo da consentire l'avvio di uno sviluppo regionale più equilibrato, di ripristinare un trasporto pubblico degno di un grande Paese come il nostro, di intervenire sulla crisi economica che attanaglia le imprese industriali e dei servizi della nostra regione, per garantire il diritto al lavoro ed al reddito di migliaia di cittadini lavoratori.

Marco Bizzoni
Segreteria Prc “Castelli, Colleferro, Litoranea”

PRC e Giovani Comunisti in piazza per difendere la Scuola

Sciopero generale per il mondo della scuola venerdì 12 ottobre. GC all'attacco: "Il mondo della formazione sta pagando un prezzo altissimo per colpa di Monti e dei “tecnici”".
Foto: Giulia Borrelli
Maggiore dignità sul lavoro, investimenti per il futuro e un deciso cambio di rotta nelle politiche per l’istruzione: sono questi i tre punti cruciali che spingono i Giovani Comunisti astigiani ad appoggiare la mobilitazione del mondo della scuola con lo sciopero, a livello nazionale, indetto dalla FLC CGIL per venerdì 12 ottobre.   
In un deciso comunicato stampa il coordinamento provinciale dei GC di Asti elenca le problematiche dell’impianto scolastico e le richieste d’intervento. 
“Continuiamo la lotta – si legge - contro i tagli alla scuola pubblica e la mancata garanzia del diritto all’istruzione; il blocco dei salari, l’aumento dei carichi di lavoro, il peggioramento delle condizioni di sicurezza e l’ingiusta legge sulle pensioni; la riduzione dei diritti dei lavoratori precari nonchè la chiamata diretta, l’attacco al contratto nazionale e ai diritti sindacali”
“Sono necessari – proseguono -  investimenti su istruzione, cultura e ricerca, maggiore sicurezza nelle scuole, l’organico funzionale, l’assorbimento del personale in esubero, il rinnovo del contratto e il ripristino delle fasce stipendiali, il recupero degli scatti, il ripristino dei requisiti per la pensione e la stabilizzazione dei lavoratori precari”.
I Giovani Comunisti e Rifondazione ribadiscono il loro appoggio “fianco a fianco” nella lotta intrapresa da studenti e professori, in sintonia con la posizione della CGIL – FLC ma pronti a proporre anche nuovi spunti di riflessione.
“Aumentano le tasse in scuole e università, i costi di libri e trasporti, le strutture cadono a pezzi e la democrazia nei luoghi del sapere viene consapevolmente ridotta; il mondo della formazione sta pagando un prezzo altissimo per colpa di Monti e dei “tecnici”, sostengono.
Critiche vengono mosse anche all’atteggiamento del Governo nei riguardi delle recenti mobilitazioni di piazza: “E’ scandaloso che il Governo dei poteri forti invece che rispondere alle giuste rivendicazioni degli studenti mandi le forze dell'ordine a caricare i ragazzi in corteo”.
Fabio Ruffinengo

 da

Debito pubblico. Come ci siamo arrivati e chi ci ha spennati

121009debitodi Francesco Gesualdi
La fortuna del potere è costruita sull'incuria e l'incompetenza, non la propria, ma quella dei sudditi. Sicuro che nessuno verifica la veridicità dei fatti, ma che tutti ripetono a pappagallo le notizie ben confezionate, ne fabbrica di proprie, false e tendenziose, per affidarle ai ripetitori acefali affinché le trasformino in luoghi comuni. In idee, cioè, che nessuno mette in discussione perché assorbite come verità incrollabili. E' successo quando hanno voluto imporci una globalizzazione a misura di multinazionali, quando hanno voluto rifilarci un'Europa al servizio di banche e speculatori, quando hanno voluto scipparci l'acqua e gli altri beni comuni a vantaggio delle imprese private. E oggi sta succedendo col debito pubblico.
La vulgata, tanto cara ai tedeschi, è che ci siamo indebitati perché siamo un popolo sprecone.
Una comunità che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità usando i soldi degli altri per garantirci il diritto alla salute, all'istruzione, alla previdenza sociale. Quest'idea è talmente radicata, che nessuno (o quasi) osa contestare le politiche lacrime e sangue che oggi ci impongono. Anzi le salutiamo come la giusta punizione per i peccati commessi. Peccato, però, che il peccato non esista e lo dimostra una ricostruzione effettuata dal "Centro Nuovo Modello di Sviluppo" sulla finanza pubblica degli ultimi 30 anni.
Nel 1980, il debito pubblico italiano ammontava a 114 miliardi di euro pari al 56% del Pil. Quindici anni dopo lo troviamo cresciuto di 10 volte, più esattamente a 1150 miliardi di euro. Effetto dei nostri sprechi? In parte sì perché questo è un periodo in cui le spese per servizi e investimenti pubblici sono state superiori alle entrate fiscali. Ma solo per 140 miliardi. Se il nostro eccesso di spese fosse stata la causa di tutti i mali, il debito pubblico avrebbe dovuto raddoppiare, non decuplicare. E allora cosa ha contributo alla crescita incontrollata del debito? Risposta: gli interessi che in quel periodo oscillavano fra il 12 e il 20%. Bisognò attendere il 1996 per vederli scendere al di sotto del 9%. In parte l'Italia pagava per le scelte di Reagan che aveva bisogno di soldi per finanziare lo scudo spaziale. Non volendo alzare le tasse, si finanziava richiamando capitali dal resto del mondo con alti tassi di interesse. Gli altri paesi assetati di prestiti non avevano altra scelta che offrire di più.
La politica di spese per servizi superiori alle entrate durò fino al 1992 e in ogni caso procurò un disavanzo complessivo inferiore 6% Poi, con l'eccezione del 2009-2010, la spesa per servizi è rimasta sempre al di sotto delle entrate, permettendo un risparmio complessivo di 633 miliardi di euro. Una cifra sufficiente ad assorbire non solo i disavanzi precedenti, ma anche il debito di partenza e continuare ad avere un avanzo di 370 miliardi. Ma nonostante la politica da formichine, il nostro debito è cresciuto all'astronomica cifra di 2000 miliardi. Solo per colpa degli interessi che nel trentennio ci hanno procurato un esborso pari a 2141 miliardi di euro.
Dal che risulta che non siamo un popolo di spreconi, ma un popolo di risparmiatori spennati. Polli finiti in una macchina infernale messa a punto dall'oligarchia finanziaria per derubarci dei nostri soldi, con la complicità della politica. E poiché la politica è eletta da noi , ci troviamo nella situazione assurda in cui scegliamo i nostri estorsori e li autorizziamo a sottoporci a ogni forma di angheria per servire meglio gli interessi degli strozzini. Una follia possibile solo perché viviamo nell'inganno dell'ignoranza. Per questo come Centro Nuovo Modello di Sviluppo abbiano messo a punto un kit formativo e abbiamo lanciato la campagna «Debito pubblico, se non capisco non pago» con lo scopo di promuovere una corretta informazione e la nascita di gruppi locali che si dedichino alla formazione.
Il Manifesto - 09.10.12

10/08/2012

Albano: assemblea contro lo smantellamento del servizio postale

La chiusura ormai prossima di oltre 1100 uffici di Poste Italiane comporta conseguenze disastrose e solleva numerose problematiche.
In primo luogo non è stato valutato l’impatto sociale sui territori che consegue a tale scelta.
E’ cosa nota che l’Italia sia una Nazione fatta di piccoli comuni, paeselli e borghi storici; ed è proprio storicamente che la figura dell’ufficio postale è divenuta una delle realtà principali e fondamentali della vita paesana, dove il direttore delle Poste è un’autorità riconosciuta al pari del Parroco e del Sindaco.
Dal 1862 i cittadini fanno affidamento sulla Posta per le loro comunicazioni e per tutelare il piccolo risparmio. Come cambierà la morfologia sociale di quei territori dove verrà a mancare la storica figura dell’ufficio postale?
Inoltre, al dì là dell’aspetto socio-culturale, sono indubbi tutti i disastri socio-economici che la decisione porterà, sia per i portalettere, che dovranno coprire zone sempre più vaste ad un ritmo sempre più incalzante, sia per gli anziani, che per andare a ritirare la pensione dovranno spostarsi (e non facilmente) verso altri comuni, sia per tutti i cittadini che vedranno la propria posta arrivare in ritardo e saranno costretti a fare chilometri per spedire una semplice raccomandata.
Per non parlare del taglio di 12000 posti di lavoro entro la fine dell’anno, che metterà in ginocchio migliaia di famiglie.
Tutto questo è il risultato del chiaro e infimo progetto di trasformare la res pubblica in res privata svendendo ogni azienda dello Stato e smantellando i servizi al cittadino, in un’ottica sempre più liberista e sempre più plutocratica. Le direttive politiche, per quanto riguarda i Servizi Pubblici, non possono e non debbono tenere conto della logica dei costi/ricavi, ma, proprio perché Pubblici Servizi, devono rispondere ai prioritari bisogni dei cittadini, ancor più quando questi già subiscono notevoli disagi non solo per la morfologia del territorio.
Altro aspetto da considerare riguarda la Cassa Depositi e Prestiti, che attraverso il risparmio postale garantisce prestiti a tassi agevolati alle Istituzioni (quindi Regioni, Provincie e Comuni)per la realizzazione di opere pubbliche e servizi a favore dei cittadini. E’ evidente che se Banco Posta verrà privatizzato e trasformato in banca non produrrà più fondi per la Cassa Depositi e Prestiti quindi il finanziamento dovrà essere reperito attraverso la fiscalità generale, cioè aumento delle tasse.
Questa decisione incide dunque tutta sulla qualità della vita dei singoli cittadini e delle comunità locali e costringe le Amministrazioni comunali a rimodulare i servizi sociali per far fronte alle carenze e ai disservizi che si verranno a generare.
Il servizio di recapito, anche per il suo ruolo di connessione sociale, ed il bancoposta, per la funzione di tutela del piccolo risparmio, debbono essere considerati un Bene Comune.
Il P.R.C. – F.d.S. provincia di Roma Federazione Castelli partecipa mercoledi 10 ottobre all’ Assemblea Pubblica che si svolgerà ad Albano Laziale il 10 ottobre 2012 dalle ore 17:00 alle ore 20:00 presso la sala della palazzina Vespignani (adiacente al Museo civico).
IL SEGRETARIO
Danilo MARRA
2 ottobre 2012

10/05/2012

Scuola, studenti in piazza contro la crisi economica. A Roma scontri con la polizia. Ferrero: "Vergognosa repressione!"



Sono migliaia gli studenti che questa mattina sono scesi in piazza in tutta Italia nella prima manifestazione nazionale contro i tagli al sistema scolastico. Su infoaut.org è possibile seguire la diretta dalle piazze (su Twitter invece: @StudAut e l'hashtag #5ott). "Oggi protestiamo contro la crisi economica, i tagli previsti dalla spending review e questo Stato che non è più democratico ma che è diventato una dittatura". Queste sono le parole di Mario, uno studente, un ragazzo di 16 anni, che spiega il perché della sua scesa in piazza di questa mattina.
Le sue parole sono apprezzate ma soprattutto condivise dall'intero corteo, fanno da eco a tutti gli studenti romani che stanno attraversando in modo pacifico il ponte fra porto di Ripa Grande e via Marmorata mentre gridano: "La scuola non si tocca, la difenderemo con la lotta".
A piazzale Portuense invece non è stato altrettanto pacifico. Durante il corteo infatti non sono mancati scontri con la polizia mentre gli studenti tentavano di deviare dal percorso stabilito.
La carica delle forze dell'ordine ha peremsso agli studenti di disperdersi durante la protesta. Un ragazzo di quindici anni del liceo classico "Virgilio" è stato fermato dalla polizia, è stato portato in questura, subito dopo riaffidato ai genitori.
"Vergognosa repressione degli studenti che oggi, a migliaia, in diverse città italiane, Torino, Roma, Milano e tante altre, sono scesi in piazza contro i tagli di Profumo all'istruzione e alla formazione pubbliche - dichiara Paolo Ferrero, Segretario Nazionale di Rifondazione Comunista - Aumentano le tasse in scuole e università, i costi di libri e trasporti, le strutture cadono a pezzi e la democrazia nei luoghi del sapere viene consapevolmente ridotta. Oggi siamo in piazza con gli studenti, come lo saremo il prossimo 12 ottobre, perché il mondo della formazione sta pagando un prezzo altissimo per colpa di Monti e dei “tecnici”. È scandaloso che il governo dei poteri forti invece che rispondere alle giuste rivendicazioni degli studenti mandi le forze dell'ordine a caricare i ragazzi in corteo".

10/02/2012

QUESTIONE MORALE – FERRERO (PRC –FDS): «GOVERNO RIDUCA STIPENDI CONSIGLIERI REGIONALI A 3.000 EURO»

Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista, ha dichiarato:

«Stamane ho aderito all’appello di Repubblica affinché il parlamento approvi la legge anticorruzione. Parallelamente chiedo che il governo intervenga nella scandalosa situazione che caratterizza una parte delle regioni italiane con una norma omogenea: noi proponiamo che lo stipendio dei consiglieri regionali sia pari a 3.000 euro, che non dia luogo a vitalizi di sorta ma alla normale contribuzione pensionistica. Sarebbe una misura chiara che a nostro parere si deve accompagnare ad una parallela norma per i parlamentari: 5.000 euro al mese bastano e anche li occorre abolire i vitalizi e passare alla normale contribuzione pensionistica».

10/01/2012

Consegnate le firme per il referendum abrogativo dei Vitalizi nel Lazio




Sono state depositate questa mattina, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, le 53mila firme raccolte dalla Federazione della Sinistra per indire il referendum regionale abrogativo del “Fondo di previdenza”, meglio noto col nome di “vitalizi”. Si tratta di un vero e proprio “regalo” che le Leggi 7 e 19 del 1995 garantiscono a consiglieri e assessori (l’estensione anche agli assessori è una trovata di Renata Polverini a inizio mandato) della Regione Lazio: 4.400 euro lordi di pensione mensile che scattano a fine legislatura, per tutta la vita a partire dal compimento del cinquantesimo anno d'età. “Se calcoliamo che andranno (gli 85 consiglieri e assessori attualmente in carica, ndr) in pensione al compimento dei 50 anni – si legge nel comunicato FdS - e stimando una vita media di 84 anni, per loro la Regione Lazio spenderà un totale di 153 milioni di euro”. E a questi vanno aggiunti i 17milioni di euro che già il Consiglio regionale spende ogni anno per garantire i vitalizi dei 221 ex consiglieri delle passate legislature. Il vitalizio scatta per ogni ex consigliere al compimento del cinquantesimo anno d’età – ogni paragone con la riforma delle pensioni varata dal parlamento con l’appoggio di Pd e Pdl si sprecherebbe – e, come se non bastasse, in caso di morte del beneficiario la somma di denaro viene reindirizzata a coniugi, conviventi (anche qui, ogni riferimento a coppie di fatto e diritti per coppie non sposate non sarebbe affatto casuale) o figli fino al ventiseiesimo anno d’età.
Si tratta di un normale scandalo italiano, ed è storia nota a chiunque nel Lazio. Così nota da non indignare più di tanto. Già durante la legislatura Marrazzo qualcuno, come i consiglieri in quota FdS, avevano provato a presentare delle proposte di legge per l’abolizione di questo strano privilegio di “casta” (stavolta il termine è azzeccato), ma la levata di scudi fu bipartisan. Stessa sorte durante la sventurata legislatura guidata da Renata Polverini.
Così la FdS ha impugnato la via referendaria e, nel quasi assoluto silenzio dei media locali e nazionali, in pochi mesi ha raccolto oltre 50mila firme (17mila solo a Roma) dopo aver depositato, a giugno, i quesiti referendari.
Paolo Ferrero, presente durante la consegna delle firme in Cassazione, auspica una vittoria dei referendum “per togliere i privilegi della casta e garantire la buona politica. Per questo - ha aggiunto - avanziamo la richiesta di mettere un tetto di 3mila euro allo stipendio dei consiglieri regionali, e di 5mila a quello dei parlamentari”.
Quando i consiglieri regionali e i membri del comitato scendono dalla cancelleria per incontrare i giornalisti, vengono accolti dai militanti riuniti in presidio con un lungo applauso. “Aver consegnato oltre 50mila firme è già una prima vittoria – racconta uno dei militanti che si è impegnato in questi mesi per la raccolta firme. In autunno 2013, probabile data del voto dei quesiti, forse tutto il Lazio potrà festeggiare, e ci auguriamo che altre regioni italiane vogliano poi seguire l’esempio”.

Ferrero: Monti che sta abolendo democrazia

(AGI) - Roma, 30 set. - "Bersani e la democrazia: meglio tardi che mai. Peccato che sia proprio il governo Monti che sta abolendo la democrazia: bisogna staccargli la spina e mandarli subito a casa". Lo ha affermato il segretario Prc, Paolo Ferrero. Il governo dei tecnici, che non e' stato scelto da nessun cittadino, sta portando l'Italia alla catastrofe - ha proseguito Ferrero - riuscendo la' dove nemmeno Berlusconi era riuscito (leggi alla voce articolo 18, ad esempio). Con tutta evidenza per ripristinare una situazione decente della politica e della democrazia in questo Paese la prima e sola cosa da fare e' mandare a casa questo governo "tecnico". .

20:38 30 SET 2012

FERRERO: MONTI NON TAGLIA PRIVILEGI MA OPPOSITORI

Secondo Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, con gli annunciati provvedimenti sui costi della politica "Monti non taglia gli sprechi ma i partiti che non sostengono il suo governo. E' del tutto evidente che con la scusa dell'abolizione degli sprechi Monti vuole distruggere il pluralismo politico, dando soldi solo alle forze politiche che lo sostengono".

"Monti - prosegue la nota di Ferrero - vuole salvaguardare i ladri e i delinquenti a fare fuori quelli che denunciano i ladri come le malefatte del suo governo. Tagliare il numero dei consiglieri, così come abolire i 'monogruppi' significa solo demolire i piccoli partiti, quelli che in questi anni hanno protestato, denunciato, rotto le scatole al potere, quelli che contestano Monti. Così rimarranno nei consigli regionali quelli stessi che hanno rubato e dilapidato risorse pubbliche, ancora meno controllati di prima".

"Noi - conclude il leader del Prc - proponiamo di abolire i privilegi della casta, tagliando gli stipendi dei consiglieri a 3.000 euro, dei parlamentari a 5.000 e abolendo i vitalizi, non di abolire la democrazia".