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2/14/2010

Una scuola adeguata alle esigenze delle imprese

Il consiglio dei ministri ha approvato la "controriforma" della scuola secondaria superiore riportandola al 1963, quando entrò in vigore la riforma della scuola media unica, la scuola per tutte e tutti fino a 14 anni e abolì l'avviamento professionale.
Oggi, da settembre prossimo, si ridisegna la scuola adeguando le lezioni, la scuola tutta, alle esigenze delle imprese e del mercato.
Abbassando l'obbligo d'istruzione (tanto faticosamente innalzato durante la breve parentesi del governo Prodi) di un anno con la possibilità di espletarlo nell'apprendistato, si ritorna ad una scuola classista: chi non ce la fa viene abbandonato a se stesso. Si ridisegna la società futura per almeno vent'anni.
Occorre ricordare che oggi i giovani che proseguono gli studi fino a 18 anni sono circa il 90% e che sarebbe oculato da parte di qualsiasi governo, soprattutto in un momento di crisi economica e finanziaria quale quello che attraversiamo, capitalizzare questa tendenza ormai consolidata e potenziarla investendoci risorse adeguate. Si fa esattamente il contrario.
Si sono persi un milione e mezzo di posti di lavoro e chissà quanti se ne perderanno nei prossimi due anni; le piccole e medie imprese sono strozzate dalle banche e da un mercato che non può dare risposte poiché composto per la stragrande maggioranza da gente che percepisce salari inadeguati; si è abusato di contratti di lavoro atipici. Il governo che fa? Anziché dare risposte concrete migliorando le condizioni di vita dei lavoratori, aiutando le imprese ed investendo in formazione, punta ad abbassare complessivamente la qualità della scuola, dell'università e della ricerca pubblica.
E' una vergogna. Un cambiamento di tale portata avrebbe dovuto essere almeno frutto di un'ampia discussione e di un forte consenso da parte dei principali soggetti interessati: genitori, studenti, insegnanti, pedagogisti.
Si è fatto in fretta e male. Malissimo. L'opposizione parlamentare avrebbe dovuto avere il coraggio (e il senso di responsabilità) che hanno avuto i magistrati qualche giorno fa durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario:abbandonare gli scranni del Parlamento e chiamare a raccolta il mondo della scuola per una grande protesta davanti a Palazzo Chigi. Lo fanno i sindacati di base e la Cgil convocando, ancora separati, uno sciopero per il 12 marzo prossimo.
Dopo gli ultimi tagli le scuole sono disperate: rischiano pignoramenti, non sono in condizione di fare neanche i bilanci di previsione, molti i contratti di supplenza interrotti, le pulizie si fanno a giorni alterni, si aumenta la richiesta di contributi ai genitori. Il governo taglia le risorse, licenzia i precari, riduce le ore di lezione, umilia la scuola nella sua complessità… tanto gli insegnanti sono abituati a "metterci una pezza". Non può durare. La battaglia va continuata scuola per scuola, nelle piazze, nelle assemblee, nei comitati di quartiere, davanti alle fabbriche con gli operai, con gli immigrati…
E' una battaglia che va affrontata su un terreno culturale e sindacale insieme.
Un terreno, quello culturale, su cui la sinistra può e deve recuperare.

Gennaro Loffredo
responsabile nazionale Scuola

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