
Lo sciopero generale del 12 dicembre scorso segna un decisivo punto
di passaggio per la vicenda politica e sociale del paese. Dopo anni in
cui l’attitudine concertativa dei vertici sindacali aveva consegnato
alla passività e alla rassegnazione milioni di lavoratrici e lavoratori,
il successo dello sciopero generale e il suo essere inserito in un
contesto di mobilitazioni articolato e generalizzato ci parla di una
diffusa disponibilità al conflitto.
Lo sciopero generale ha una valenza sociale e sindacale, e al tempo stesso direttamente politica.
In primo luogo rimette il conflitto di classe al centro del dibattito
del paese il conflitto di classe, presupposto indispensabile per la
costruzione dell’alternativa.
In secondo luogo il fatto che lo sciopero generale sia avvenuto contro
un governo presieduto dal segretario del principale partito del centro
sinistra, è un evento del tutto inedito, che va nella direzione della
ridefinizione dei soggetti sociali, politici e di classe. Negli ultimi
decenni le lotte generali fatte contro governi di centro destra avevano
sempre il sottinteso di una possibile soluzione dei problemi attraverso
il cambio del governo nelle elezioni successive. Questa dinamica ha
oggettivamente rafforzato il bipolarismo e messo in difficoltà chi come
noi, sostiene da tempo che l’alternanza non è l’anticamera
dell’alternativa. Questa volta, al contrario, sia il gruppo dirigente
della Cgil che milioni di lavoratori e lavoratrici non possono affidare
al meccanismo dell’alternanza la soluzione dei problemi. Diventa
evidente a livello di massa che il PD fa parte del problema e non della
soluzione e che è un alfiere delle politiche neoliberiste.
Lo sciopero e la sua riuscita domandano sia la continuità e lo sviluppo
del conflitto sociale, sia la capacità di dare risposta al problema
politico che si è aperto, quello della rappresentanza degli interessi
del mondo del lavoro in un contesto in cui il PD non risponde – nemmeno
parzialmente – a questa esigenza. Per la prima volta si apre il tema
della rappresentanza del mondo del lavoro al di fuori del sistema
bipolare proprio della seconda repubblica.
Proprio questa valenza generale dello scontro di classe in atto nel paese ci chiama ad una risposta su più livelli.
Il nostro partito nel conflitto sociale
Rifondazione Comunista ha partecipato attivamente a tutti i momenti
di mobilitazione, promossi dalla Cgil, dalla Fiom, dalle reti precarie
con lo sciopero sociale, dal sindacalismo conflittuale, con la presenza
nelle piazze e con le nostre compagne e i nostri compagni attivamente
impegnati ad organizzare la lotta sui luoghi di lavoro e sui territori.
L’importanza del nostro impegno affinché il conflitto si estenda, si
organizzi e si radicalizzi appare molto evidente. Così come l’esigenza
da parte nostra di promuovere momenti di dialogo e riflessione comuni
fra le diverse realtà promotrici delle mobilitazioni. Parimenti dobbiamo
consapevolmente operare affinché diventi patrimonio di massa la
consapevolezza che il nemico da sconfiggere sono le politiche
neoliberiste in quanto tali. La costruzione di un vasto ed unitario
movimento di massa antiliberista è l’obiettivo di fase a cui dobbiamo
tendere ed è la condizione per unificare le diverse figure sociali
colpite dalla crisi che partecipano oggi alle lotte in modi assai
differenziati. La costruzione di una unità di tutto il mondo del lavoro,
dai disoccupati ai precari ai lavoratori privati e pubblici, la
costruzione dell’unità di classe può realizzarsi nella misura in cui nel
conflitto matura una coscienza antiliberista e individua quindi
chiaramente l’avversario. Come abbiamo detto più volte, dobbiamo unire
cioè che il neoliberismo divide.
Dobbiamo insomma, oltre alla partecipazione, immergere completamente il
partito nell’elaborazione, nella qualificazione, nell’organizzazione e
nelle pratiche del conflitto. Il nostro messaggio deve essere di grande
radicalità nei confronti del governo e delle sue politiche e di grande
unità fra le vertenze in atto e le differenti realtà politiche e sociali
che si mobilitano. Anche a questo servono le nostre proposte, a partire
dal Piano per il Lavoro e dall’attivazione della campagna di raccolta
di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per
l’eliminazione del pareggio di bilancio in Costituzione.
Dobbiamo
operare per dare continuità al conflitto sociale con l’obiettivo di
determinare risultati concreti sul terreno della mobilitazione, a
partire dal contrasto al JOBS ACT.
Il nostro partito nella costruzione dell’unità della sinistra.
Le caratteristiche stesse dello scontro sociale ci pongono in forme
ancora più evidenti la necessità di costruire un campo della Sinistra
autonomo e alternativo alle politiche di austerità e allo schieramento
del centrosinistra – che ormai esiste soltanto nominalmente – che sappia
strutturarsi nei territori ed essere agente attivo e riferimento delle
mobilitazioni sociali.
In questo contesto
si è aperto un vasto ed articolato dibattito sulle
forme i percorsi e i contenuti attraverso cui realizzare il processo di
unità a sinistra, un dibattito a cui Rifondazione Comunista partecipa in
maniera attiva, portando costruttivamente il proprio contributo di
elaborazione e orientamento.
Noi pensiamo che questo percorso possa e debba avviarsi a partire
dall’esperienza dell’Altra Europa per Tsipras che ha dato positiva prova
di sé in occasione delle elezioni europee ed è oggi luogo di
convergenza unitario tra le diverse forze della sinistra. L’Altra Europa
è quindi il punto di partenza per il lancio di un processo di
aggregazione che con ogni evidenza deve rivolgersi al complesso delle
forze – organizzate o meno – che si collocano sul terreno
dell’alternativa e della lotta al neoliberismo al fine di far nascere
una soggettività politica che risponda al “bisogno di sinistra” diffuso
nel Paese. Un punto di partenza che si sviluppi e faccia un salto di
qualità nel senso dell’internità ai conflitti e nel radicamento sociale,
nella definizione di obiettivi comprensibili a livello popolare, nella
connessione delle lotte contro il Jobs Act, lo Sblocca Italia, la
controriforma della Costituzione, lo smantellamento della scuola
pubblica.
Il nostro obiettivo non è la costruzione di un nuovo partito,
ma di
un’ampia coalizione sociale e politica, di un soggetto unitario e
plurale che si dia regole democratiche di funzionamento, meccanismi di
certificazione degli aderenti, per essere capace di realizzare il
massimo coinvolgimento e la massima partecipazione del complesso di
forze organizzate o meno che si pongono in alternativa alle larghe
intese in Europa, saldamente collocati nel Gue ed in relazione con il
progetto della Sinistra Europea, ed in Italia radicalmente alternativi
al PD e al governo Renzi, capace di di radicarsi nel conflitto sociale
che si è riaperto nel paese.
Le stesse elezioni regionali in Calabria ed Emilia Romagna hanno
registrato a livelli mai visti la crisi della politica derivante dalla
distorsione maggioritaria e bipolare: un’enorme astensione come forma di
reazione alla sostanziale omologazione delle politiche dei due poli che
mettono in scena una contrapposizione che non riguarda l’essenza delle
politiche neoliberiste e di austerità. In questo quadro la sinistra
continua a riscontrare difficoltà: da questo punto di vista urge
un’accelerazione del processo unitario nella chiarezza dell’autonomia
politica e programmatica. Il risultato della lista L’Altra
Emilia-Romagna indica, una volta di più, l’esistenza di uno spazio
elettorale presente a sinistra e una domanda di alternativa al Partito
Democratico su cui il processo unitario deve investire politicamente.
E’ questa la proposta che porteremo alla stessa assemblea del 17/18
gennaio della Lista Tsipras al cui successo lavoriamo, come invitiamo
tutte le compagne ed i compagni ad aderire e partecipare ai comitati
dell’Altra Europa.
Il nostro partito nella costruzione dell’alternativa al capitalismo in crisi
La ripresa delle lotte avviene a sei anni dall’inizio della crisi che
è contemporaneamente una crisi strutturale del capitalismo globalizzato
e una crisi sistemica dell’Europa di Maastricht. Da questa crisi non si
uscirà rilanciando le politiche neoliberiste come tentano di fare le
elites politiche ed economiche mondiali. Da questa crisi non si uscirà
nemmeno con qualche aggiustamento o cercando di riprodurre un
impossibile compromesso socialdemocratico. Questa crisi pone il problema
dell’esaurirsi della spinta propulsiva del capitalismo e pone quindi la
necessità di una risposta socialista, di un superamento della logica
del profitto come motore della dinamica sociale.
Proprio la crisi pone quindi l’alternativa tra socialismo o barbarie e
pone il tema dell’attualità del comunismo. Per questo
riteniamo che il
rilancio del Partito della Rifondazione Comunista rappresenti una
necessità storica, un punto fondamentale per individuare la strada di
uscita dalla crisi, di uscita dal capitalismo in crisi. Come riteniamo
che un rinnovato progetto della rifondazione comunista possa essere il
terreno di ricomposizione di tutte le comuniste e i comunisti che
vogliono costruire la sinistra di alternativa e superare i rapporti di
produzione capitalistici: una proposta che continueremo ad avanzare a
tutti i compagni e le compagne interessate, un obiettivo che ci
impegniamo a perseguire.
Il lavoro di costruzione di una sinistra unita antiliberista e di
rafforzamento del Partito della Rifondazione Comunista sono quindi due
facce della stessa medaglia, due processi tra loro intrecciati: è
necessario dare al movimento un punto di riferimento a sinistra, è
necessario costruire con la nostra iniziativa nel movimento uno sbocco
in senso socialista al fallimento del capitale.
Rifondazione Comunista
Abbiamo quindi oggi la possibilità di vedere attuata la linea
politica che il partito persegue da tempo:
la costruzione di una
sinistra unita antiliberista e il rafforzamento del Partito della
Rifondazione Comunista sono quindi le due gambe su cui far marciare il
nostro progetto politico. A tal fine è assolutamente necessario operare
per rafforzare il partito e la sua capacità di intervento. Occorre
rilanciare il lavoro di ricerca teorico, migliorare la definizione della
nostra proposta politica, la formazione dei compagni e delle compagne,
il nostro radicamento sociale, la capacità di dialogo e di internità nei
movimenti. Non sono in discussione l’esistenza del partito, la sua
autonomia organizzativa e di iniziativa politica, sociale e culturale.
Anzi
le ragioni che hanno portato alla nascita del Partito della
Rifondazione Comunista 23 anni fa sono più valide che mai: occorre
quindi lavorare nella direzione tracciata per operare il rilancio del
partito e la partenza del processo unitario a sinistra.
Riteniamo quindi necessario rilanciare il lavoro del partito anche
attraverso la convocazione di una conferenza di organizzazione che abbia
come principale obiettivo una riforma del PRC come partito capace di
radicarsi nelle lotte, di esprimere direzione politica nel conflitto, di
riattivare la lotta per l’egemonia e la trasformazione del senso
comune.
In questo quadro il CPN ritiene necessario che il partito tutto lavori per:
-aprire un confronto con tutte le forze sociali, politiche e sindacali
impegnate in queste settimane contro il governo Renzi per dare
continuità e far crescere l’opposizione (sciopero generale del 12
dicembre, sindacalismo di base, movimenti sociali )
-rilanciare con forza la nostra proposta di Piano per il lavoro da far
vivere dentro le lotte come piattaforma di alternativa alle politiche
neoliberiste;
– lavorare, in relazione alle prossime elezioni regionali, alla
costruzione di liste unitarie di alternativa a candidati, schieramenti e
programmi – comunque collocati- di orientamento neoliberista e che si
pongano in continuità con le politiche del governo Renzi.
-sviluppare una campagna di controinformazione e solidarietà con la
lotta del popolo Palestinese, per la fine della occupazione e il
riconoscimento dello Stato di Palestina.
-sviluppare una campagna di sostegno al popolo Kurdo, il quale vede nella resistenza di Kobane il suo simbolo;
-sviluppare una campagna di denuncia e informazione sull’operato degli
USA teso a ricostruire la cortina di ferro ai confini dell’Ucraina;
In questo quadro ed al fine di rafforzare il partito il CPN decide di dar mandato alla Segreteria Nazionale di:
-completare lo svolgimento degli attivi regionali in tutto il partito
per discutere della fase politica, delle nostre proposte, del rilancio
del partito;
-organizzare attivi regionali delle lavoratrici e dei lavoratori;
-proseguire nella campagna del tesseramento 2015;
-organizzare il 31 gennaio un seminario sui temi dell’euro dando applicazione a quanto deciso dal Congresso nazionale;
-organizzare entro febbraio un convegno sul mutualismo e sulle pratiche sociali solidali
-convocare la Conferenza Nazionale di organizzazione il 28 e 29 marzo 2015.
Il Comitato Politico Nazionale ringrazia le centinaia di compagni e di
compagne che hanno dato il loro contributo alla campagna di
sottoscrizione per sostenere Dino Greco,gli altri giornalisti coinvolti e
la Mrc, a fronte della sentenza negativa per l’attività giornalistica
svolta a Liberazione; l’impegno e la solidarietà concretamente
dimostrate testimoniano e confermano la qualità del nostro tessuto umano
e politico e della necessità della sua piena valorizzazione politica.
La direzione nazionale saluta positivamente la scelta attuata dal
Coordinamento nazionale allargato dei Giovan@ Comunist@ riunito il
7/12/2014 di avviare il percorso di convocazione della Conferenza
nazionale nei primi mesi del 2015 reinserendo positivamente i Giovan@
Comunist@ all’interno della ripresa del conflitto sociale.
doc approvato nel CPN del 20\21 dicembre 2014