A
gennaio partirà il XVII congresso della Cgil. Il principale
sindacato si prepara a discutere del proprio ruolo per il futuro in
oltre 60mila luoghi di lavoro.
Al
congresso si confronteranno due documenti alternativi. Il documento
che ha come prima firmataria la segretaria della Cgil Susanna
Camusso, dal titolo Il lavoro decide il futuro, e quello
alternativo Il sindacato è un'altra cosa.
Un
evento di importanza strategica in cui i comunisti hanno
l’opportunità di discutere e promuovere le idee per contrastare il
capitalismo.
La
delusione tra i lavoratori per quel che la Cgil ha fatto, e
soprattutto non ha fatto, in questi anni di crisi è tanta. Troppo
spesso si sono limitati a guardare lo scempio che governi e padroni
hanno fatto in questi anni. Non una proposta adeguata alla crisi
economica, la più profonda dal dopoguerra ad oggi, mai una vera
politica di opposizione al massacro sociale.
Con
il rilancio dell’unità di vertice con Cisl e Uil, e Confindustria,
vedi gli accordi del 28 giugno 2011, quello del 31 maggio 2013, nei
quali si apre definitivamente alle deroghe contrattuali e si infligge
un nuovo duro colpo alla già provata democrazia nei luoghi di
lavoro, il gruppo dirigente della Cgil ha contribuito
significativamente al contenimento del conflitto nel paese.
Il
congresso della Cgil dovrebbe essere in primo luogo l’occasione per
fare un bilancio di quanto fatto dal gruppo dirigente, e questo
bilancio è fallimentare. Non uno dei problemi che la crisi ha
prodotto per i lavoratori è stato affrontato in modo adeguato. Il
contratto del pubblico impiego era e resta tutt’ora bloccato. La
disoccupazione è vertiginosamente salita, in particolare quella
femminile e giovanile. La cassa integrazione continua a condannare
centinaia di migliaia di lavoratori sul lastrico, le aziende
continuano a chiudere.
L’anno
scorso il governo Monti ha portato a casa la peggiore riforma
pensionistica della storia del paese, ha abolito l’articolo 18
dello Statuto dei lavoratori, ha drammaticamente peggiorato il
sistema degli ammortizzatori sociali, praticamente senza incontrare
un minimo di resistenza da parte della Cgil. L’unica cosa che la
Cgil è riuscita a fare contro le pensioni fu un inutile sciopero di
tre ore, frutto della mediazione con Cisl e Uil che proponevano uno
sciopero di due ore.
Una
delle argomentazioni che molti dirigenti hanno sostenuto per
giustificare l’impasse sindacale è che a causa della profonda
crisi, la più grave dal dopoguerra, i lavoratori sono più
ricattabili e spaventati. Per questo motivo la strategia sindacale
non può che essere quella di resistere aspettando tempi migliori,
ovvero la tanto sospirata ripresa, attesa ormai come un messia.
Non
è la passività dei lavoratori che obbliga i dirigenti sindacali ad
assumere posizioni più prudenti, è la mancanza di iniziativa, la
disponibilità ai compromessi sempre al ribasso dei dirigenti che
demoralizza i lavoratori. Lo sciopero contro la riforma delle
pensioni di Monti ne è un esempio lampante. Ma senza andare troppo
indietro nel tempo basta guardare come è stato organizzato lo
sciopero di metà novembre di Cgil, Cisl e Uil sulla legge di
stabilità. Uno sciopero di quattro ore con una piattaforma a dir
poco moderata. Non per nulla lo sciopero è stato un fallimento.
Anche
quando la Cgil si è opposta ad accordi capestro, non firmandoli,
nulla è stato fatto per mettere in piedi vertenze e mobilitazioni
alternative. Per giustificare la necessità di far uscire la Cgil
dall’isolamento si sono santificati accordi con Confindustria, Cisl
e Uil, promuovendo generiche richieste di equità nel ridistribuire
la ricchezza prodotta dai lavoratori il cui risultato è stato solo
di caricare i lavoratori di più sacrifici, vedi il patto dei
produttori firmato con Cisl, Uil e Confindustria durante la festa
nazionale del Partito democratico a Genova lo scorso settembre.
Partito democratico che egemonizza i vertici della Cgil e che è il
principale responsabile della sua deriva a destra.
Con
buona pace del Presidente del consiglio e del Presidente della
Repubblica, non c’è nessuna ripresa alle porte e ogni giorno i
padroni affondano il colpo in modo sempre più arrogante, vedi
l’interminabile sequenza di disdette di contratti in modo
unilaterale in tutti i settori.
Serve
quindi una piattaforma di lotta, cosa che il documento della Camusso
evita accuratamente di proporre. La logica della concertazione è
finita in un disastro. C'è bisogno di un programma di difesa dei
diritti dei lavoratori che metta in discussione le compatibilità
imposte dal sistema, attraverso una mobilitazione radicale.
Per
tutte queste ragioni diventa decisivo sostenere una posizione
nettamente alternativa nel prossimo congresso della Cgil.
L'idea
di poter influenzare il gruppo dirigente della Cgil attraverso la
presentazione di emendamenti al documento, per altro minimi, è una
strategia a perdere che non condizionerà nulla e che getterà nello
sconforto i militanti, delegati e lavoratori che giustamente in
questi ultimi anni hanno avuto in primo luogo nella Fiom un punto di
riferimento con cui tentare di resistere all'offensiva padronale.
Una
posizione alternativa è rappresentata dal documento Il sindacato
è un'altra cosa. Il confronto nella Cgil inizia con forze
contrapposte estremamente sproporzionato. Da un lato il mastodontico
apparato della Cgil che godrà dei vantaggi che questo comporta, in
termini di agibilità e risorse, dall’altra un documento che dovrà
basarsi principalmente sui delegati.
Il
nostro partito a livello di federazione, dei circoli presenti al suo
interno e le compagne ed i compagni tutti si impegnano nel dare un
sostegno attivo al congresso della Cgil al documento alternativo,
contrastando la deriva dei vertici della Cgil responsabile in questi
anni di essere saliti sul carro dell'unità nazionale e di aver messo
la sordina al conflitto sociale.
odg approvato con 7 voti a favore, 5 contrari, 3 astenuti
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