Fino a quando è stato in vigore il lockdown ci siamo
sentiti tutti romanticamente uguali, coesi nel combattere la pandemia,
uniti nella la stessa situazione.
Come Partito della Rifondazione Comunista già in quei
giorni abbiamo denunciato la natura di classe intrinseca alla
quarantena e ci siamo attivati costruendo strumenti a disposizione dei
lavoratori. Sportelli di consulenza virtuale: sul lavoro, la casa, la
salute; raccolta e distribuzione di generi alimentari, da soli e con
altre associazioni. Proposte attraverso cui le istituzioni, municipi,
comune, regione sarebbero potute intervenire con maggiore rapidità ed
efficacia nei confronti del disagio economico che, malgrado tanti
proclami televisivi di Conte, Zingaretti e Raggi continua a non ricevere
risposte adeguate.
È necessario che si smetta di parlare di soldi e si
mettano concretamente, soldi immediati e non prestiti a disposizione dei
lavoratori. Per far ciò è necessario che la Banca Centrale Europea,
faccia quello che stanno facendo le banche centrali in Cina, Usa,
Giappone. Finanziando le spese degli Stati membri, necessarie ad
affrontare la crisi sanitaria e sociale del Coronavirus, con prestiti a
tassi zero o negativi e con anticipi non rimborsabili, sotto forma di
titoli a 100 anni non negoziabili sui mercati come consentito dal
trattato di Lisbona. Questo, insieme ad una Patrimoniale sui grandissimi
patrimoni. Consentirà che: “Tutto andrà bene” e “niente sarà come
prima”.
Tuttavia, nel frattempo, quella retorica della
quarantena che ha trasfigurato un privilegio di classe presentandolo
come destino comune, rassicurando chi improvvisamente si è ritrovato
senza reddito. Si sgretola dopo pochi giorni di parziale riapertura di
alcune attività economiche, mettendo in luce il velo ideologico
costruito dalla stampa dominante. Mentre molti lavoratori sono ancora in
cassa integrazione, che ancora non è stata loro erogata materialmente.
Mentre molte piccolissime imprese commerciali e artigiane,
prevalentemente a carattere familiare, attendono ancora di ricevere
degli aiuti che permettano loro di sostenere i costi della forzata
inattività, e sono in attesa di capire quando e come poter riaprire.
Alcune attività della ristorazione e bar della Capitale, sfruttano il
momento propizio della parziale riapertura del servizio da asporto, per
mettere in atto la consueta pratica di evasione contributiva,
richiamando al lavoro in nero, gli stessi dipendenti che hanno messo in
cassa integrazione. Questi imprenditori disonesti, che spesso dichiarano
redditi inferiori a quelle dei propri dipendenti, mentre chiedono aiuti
per l’impresa evadono i contributi e la loro furbizia viene pagata da
tutti gli imprenditori onesti e dai lavoratori, assorbendo comunque
risorse destinate al sostegno di piccoli negozianti, artigiani e
microimprese con una riduzione dei fondi a disposizione per tutta la
categoria.
Rifondazione Comunista chiede che il Comune di Roma
si impegni per mettere fine a queste malepratiche revocando, per le
imprese in cui siano riscontrate illiceità contributive, tutte le misure
di aiuto previsto.
Nello stesso tempo chiediamo alla Sindaca Raggi, un
intervento più incisivo, di supporto e aiuto soprattutto alle imprese
commerciali e artigianali in cui lavoratori e titolari coincidano, un
intervento sostanziale nei confronti di quanti ad oggi sono ancora in
cassa integrazione o senza lavoro ed un aiuto agli invisibili delle
occupazioni abitative e delle realtà sociali più emarginate.
Commissione Lavoro, PRC ROMA