NO AL FASCISMO! è il messaggio che emerge dai bombardamenti di Propaganda Fide e dal dramma delle foibe.
Albano Laziale 10 febbraio ore 17,30 sala Vespignani, accanto al museo civico
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A giudicare dalla
stampa slovena e croata che arriva a Trieste, i discorsi pronunciati in
Italia per la «Giornata del ricordo», da quello del Capo dello Stato
agli altri in centinaia di località, hanno destato interesse ma anche
preoccupazione negli ambienti politici e nella popolazione della
Slovenia e della Croazia, soprattutto in Istria. In questa regione,
teatro degli eventi ricordati per le foibe e l'esodo, proprio in questi
primi giorni di febbraio le associazioni della Resistenza e le famiglie
delle vittime delle stragi fasciste e naziste, hanno commemorato le
vittime di alcune stragi compiute nel febbraio 1944 dagli occupanti
nazisti e dai collaborazionisti repubblichini italiani al loro servizio -
militanti nella X Mas, nella Milizia Territoriale, nei reparti armati
del Partito Fascista Repubblicano e in altre formazioni.
La
«Giornata del Ricordo» del 10 febbraio, coincide dunque con anniversari
altrettanto tragici e tristi per le popolazioni italiane, slovene e
croate dell'Istria che, dopo una breve parentesi «partigiana» (dal 9
settembre ai primissimi giorni di ottobre 1943) conobbero l'occupazione
nazista, l'annessione all'«Adriatische Kunstenland» tedesco e -
soprattutto nei mesi di ottobre, novembre e dicembre del 1943 -
un'interminabile serie di massacri di civili, di incendi di villaggi e
di deportazioni. Con l'aiuto dei fascisti italiani i tedeschi diedero la
caccia agli «infoibatori», ai combattenti della Resistenza, ai
cosiddetti «badogliani» e a tutti coloro che gli si opponevano,
massacrando nel giro di pochi mesi oltre 5.000 civili italiani e slavi e
deportandone 12.000 nella sola Istria. Un'altra ondata di stragi e di
distruzioni si ebbe nel febbraio-marzo-aprile 1944, sempre con la
complicità e il sostegno dei fascisti italiani. Quello che la stampa
slovena e croata rimprovera agli uomini politici italiani è il fatto che
«la memoria italiana è una memoria selezionata»: è giusto rievocare le
tragedie delle foibe e dell'esodo, ma perché - si chiedono il Novi List
di Fiume, il Vjesnik di Zagabria, la Slobodna Dalmacija di Spalato, il
Delo di Lubiana ed altri - non si ricordano i venti anni di persecuzioni
fasciste contro gli slavi in Istria e le stragi in Montenegro, Dalmazia
e Slovenia sotto l'occupazione dell'esercito italiano dall'aprile 1941
all'8 settembre 1945? Perché non si ricordano le vendette compiute «dopo
le foibe del settembre 1943», nel litorale adriatico?
Il
pubblicista e storico zagabrese Darko Dukovski, intervistato dal Novi
List ha duramente condannato i «crimini della rivoluzione» riconoscendo
che «la storia delle foibe è strettamente collegata alla storia
dell'esodo degli italiani dall'Istria e da Fiume», aggiungendo che «una
delle conseguenze delle foibe fu l'esodo e, quindi, lo stravolgimento
della fisionomia etnica dei territori ceduti dall'Italia alla Jugoslavia
col trattato di pace. Il che non significa, però, che fascisti e non
fascisti furono gettati nelle foibe per stravolgere la fisionomia etnica
della regione». Anche perché, sloveni e croati che pure finirono nelle
foibe furono dieci volte più numerosi degli italiani. «Si offende la
verità - continua lo storico - quando da parte italiana, oggi, si parla
di genocidio e di pulizia etnica. Si tratta del tentativo di falsificare
la verità storica, di presentare il movimento resistenziale croato e
sloveno come criminale». Dukovski cita - senza però relativa data - un
documento fascista: il tenente della Mvsn Domenico Motta che in una
relazione segreta alla questura di Pola affermò che gli insorti
istriani, nella prima metà di settembre 1943 avevano «liquidato» per lo
più segretari del Fascio, podestà ed altri gerarchi insieme a innocenti
vittime di vendette personali. E Conclude il suo intervento (due
paginoni del quotidiano) difendendo le posizioni del presidente croato
Stjepan Mesic. Affermando che «la vendetta delle foibe posta in atto
dagli insorti-partigiani istriani» nel settembre 1943 ma anche
nell'immediato dopoguerra, «non giustifica i crimini: le foibe restano
un crimine ingiustificabile»; infine afferma che, «le ricerche devono
continuare e bisognerà continuare a trattare questa tematica ma con
obiettività, restituendola agli storici; purtroppo - sono certo che la
verità e l'obiettività continueranno ad essere calpestate dai politici
fino a quando le foibe e l'esodo serviranno a raccogliere consensi
politici e voti. Il crimine non può essere dimenticato, deve essere
ammonimento alle future generazioni, ma bisogna ricordare i crimini
compiuti da ambo le parti».
Più o meno questa è la posizione degli
osservatori croati e sloveni: sarebbe ora che i responsabili politici in
Croazia e Slovenia riconoscessero apertamente, pubblicamente, le stragi
compiute in Istria nel settembre 1943, a Zara e Fiume, a Trieste e
Gorizia e dintorni nell'immediato dopoguerra da parte delle truppe
jugoslave; non si deve però parlare di odio anti-italiano, perché
migliaia di soldati italiani furono aiutati dai partigiani e civili
croati e sloveni a salvarsi dai tedeschi. Gli eccidi che portarono alla
morte o alla scomparsa si circa diecimila fascisti e non fascisti furono
crimini e basta, non prodotto di odio anti-italiano. Al tempo stesso
sloveni e croati chiedono che anche da parte italiana, e al più alto
livello, ufficialmente, vengano riconosciute e condannate le stragi
compiute dai fascisti e dall'esercito italiano in Montenegro, Dalmazia,
Croazia e Slovenia dall'aprile 1941 all'inizio di settembre 1943, e le
stragi dei repubblichini al servizio dei nazisti dall'ottobre 1943 a
fine aprile 1945 sul «Litorale Adriatico». Solo così si potrà costruire
una memoria condivisa.
Giacomo Scotti
Fonte: Il Manifesto (
http://www.ilmanifesto.it)